La sfida per Danisinni

La sfida per Danisinni

La sfida per Danisinni.

Le parole di Fra Mauro Billetta, parroco della chiesa di Sant’Agnese in piazza Danisinni, disegnano un quadro assai complesso e problematico sul quale è necessario intervenire rapidamente dall’aspetto educativo a quello sociale e, in prospettiva, anche quello economico, con o senza l’aiuto delle istituzioni, per tentare di salvare l’avvenire di bambini e ragazzi che negli ultimi anni si stanno perdendo – o arriveranno a perdersi – sotto la coperta opprimente della criminalità.

I soggetti su cui è importante intervenire, seguendo la visione di comunità educante evoluta condivisa sul territorio prospettata dal Centro Tau al primo incontro programmatico annuale del 5 gennaio scorso, sono quei “minori sempre più bloccati, dentro un contesto di sempre maggiore dispersione scolastica, inevitabilmente vittime e protagonisti di episodi di bullismo e di grave disagio sociale.” Nel dettaglio – attuando la strategia la d’azione del Centro Tau nel territorio Zisa-Danisinni – viene spiegato come: “Una delle prossime attività su cui ci concentreremo è il pomeridiano a scuola per la Scipione di Castro. La nostra presenza a scuola è una grande sfida, ne siamo consapevoli” e ha continuato “considerato che in ogni realtà esiste un punto di riferimento, la parrocchia per noi, il punto forte dove si creano alleanze con le famiglie, con le mamme, in sostanza dove nasce un equilibrio – qui la Parrocchia è il “luogo di raccordo” con gli abitanti del quartiere – questa sfida mette alla prova l’equilibrio di Danisinni, ma è per il bene dei ragazzi che lo facciamo.

La riflessione che il parroco vuole stimolare parte soprattutto da un fattore pratico attinente alla presenza delle strutture scolastiche sul territorio: “se la nostra scuola elementare si impoverisce ulteriormente rischiamo nel giro di qualche anno di vederla chiusa. Già in piazza Danisinni abbiamo il grave disagio di veder chiusa la scuola d’infanzia e il consultorio che si trovava all’interno della struttura, per chi ci vive, motivo di ulteriore impoverimento. Se la stessa cose succedesse alla Scipione di Castro ci troveremmo davanti a una situazione di isolamento e una mancanza dei presidi istituzionali. Noi, questo, non lo possiamo permettere.

L’ingresso dell’intervento nell’ambito scolastico è una sfida educativa, ma un lavoro che rientra in un disegno più ampio, non soltanto collegato ai bambini e ai ragazzi ma che riguarda il territorio e soprattutto le famiglie. Fra Mauro spiega infatti le dinamiche che si scatenano già e che si potrebbero avviare in un contesto di abbandono istituzionale: “molte mamme a Danisinni oggi dicono che non possono andare a lavorare perché devono lasciare il bambino a scuola. Pensate se un disagio simile accadesse oltre che per la scuola d’infanzia, per la scuola elementare. Questi bambini dovrebbero andare a scuola chissà dove, accompagnati con difficoltà. Oppure, in poche parole, non andrebbero del tutto a scuola. Avremmo il disagio nel disagio.

Rivolgendo l’attenzione ai ragazzi delle scuole medie, la seconda riflessione che si è posta tende a sottolineare la necessità di accompagnare anche la crescita degli adolescenti. Ed è in quest’ottica che il frate, teologo e psicologo, parla di una rivoluzione del pensiero che interessa chi agisce per Danisinni e chi vive nel Rione: “essendoci nel territorio un fattore di rischio abbastanza grave, per quanto riguarda la fascia d’età primo-adolescenziale, gli interventi di tipo educativo che si fermano all’infanzia non bastano. Ed è così che perdiamo molti ragazzi già quando frequentano la seconda media, e quando hanno 15 anni non sappiamo che fine abbiano fatto. Allora è utile pensarsi nella prospettiva in cui, attraverso attività laboratoriali, formative, di orientamento e inserimento scolastico anche a livello superiore, si possa permettere ai ragazzi di posizionarsi all’interno di una progettualità evolutiva che dà davvero quegli strumenti che consentono di pensarsi, a loro volta, nel mondo e in un contesto più ampio, capaci e competenti.

Tra i ragazzi per strada si riscontra frustrazione e tristezza, segnali che comunicano una resa a questa realtà. Sono giovani che stanno pian piano rinunciando al proprio desiderio di vita. E non si tratta solo di loro: è sul contesto-casa che sale la preoccupazione. E’ infatti col rientro a casa che quello stimolo, quell’accompagnamento, quello spazio di apertura che questi ragazzi possono aver trovato nei laboratori e nelle attività potrebbe andare perduto. E persino rallentato o ferito dalla mancanza di comprensione da parte della famiglia. Fra Mauro parla dei pericoli connessi a questo meccanismo di guadagno-crollo della fiducia: “Noi creiamo dei presupposti di ascolto. Se il ragazzo torna a casa e nel momento in cui vuole condividere quello che ha ricevuto viene maltrattato oppure svalutato, ecco che al beneficio si sostituisce una frustrazione ancora più grande. Questi processi emotivi generano dei cortocircuiti piuttosto forti, dei microtraumi difficili da affrontare.

E’ con una metafora dai tratti evangelici che si chiude l’intervento del parroco: “se noi siamo chiamati a esser lievito, non con delle derive di onnipotenza ma con senso di responsabilità, abbiamo bisogno di stare in un impasto, un territorio, permettendo che questo possa lievitare e trovare la propria vocazione, la propria espressione. La farina senza lievito e senz’acqua rimane inerte, mentre a quel punto, con il lievito, trova la sua funzione, può diventare pane. Essere lievito in questo territorio dà senso al nostro esserci perché diamo anche agli altri l’opportunità di pensarsi e darsi un senso nella propria vita.

A ben vedere, ciò che colpisce il territorio di Danisinni è un grande impoverimento – certamente acuito dalla grande crisi socio-economica – sfruttato e mantenuto dalla criminalità interessata ad appropriarsi di ogni risorsa umana ed economica. L’obiettivo comune – per le associazioni di volontariato sociale, per le istituzioni, per le famiglie, in una parola, per la “comunità educante” – è riportare le alternative, e impedire che la frustrazione e l’impoverimento portino i ragazzi a scegliere una strada considerata più facile e meno impegnativa.

Daniele Monteleone